Alfabeto manuale e linguaggi segnati

Oltre alle lingue dei segni esistono altri sistemi usati dai sordi nella comunicazione chiamati SISTEMI SEGNATI. Si tratta di codici gestuali a metà tra lingua parlata e lingua dei segni, che a volte si sostituiscono alla lingua parlata e in altri invece si realizzano simultaneamente. In quest’ultimo caso si parla di linguaggi segnati costruiti artificialmente (italiano segnato ovvero IS) esistenti in ciascun Paese in cui si parla una lingua dei segni. Questi linguaggi utilizzano i segni (lessico) di una lingua dei segni ma seguono la costruzione grammaticale e sintattica delle lingue vocali. Le lingue dei segni, invece, hanno una struttura grammaticale autonoma.

Esiste un’altra modalità di comunicazione segnata che unisce lingua verbale e lingua dei segni ancora di più. In Italia questa è l’ISE (italiano segnato esatto). Esso è simile all’italiano segnato ma è arricchito di alcune precisazioni segniche prese dalla lingua dei segni. In pratica, la differenza tra ISE e IS sta in questo: mentre in IS non ci sono parti del discorso tipo articoli, preposizioni, ausiliari, desinenze, ecc., presenti invece nell’italiano, queste particolarità del discorso si trovano invece nell’ISE e ciò permette di tradurre parola per parola la lingua vocale riproducendone correttamente le sue regole grammaticali e sintattiche. Tali regole vengono rese ricorrendo all’alfabeto manuale. Il loro uso serve affinchè il bambino riesca a percepire quelle parti della lingua vocali in cui incontra maggiori difficoltà.

L’ISE è dunque un supporto gestuale per la metodologia bimodale, cioè quella metodologia che si basa su due modalità, parlata e segnata.

Questi sistemi segnati sono lingue miste o pidgin che non hanno quindi una struttura o un’organizzazione propria ma la traggono dalla lingua verbale. Queste forme sono adoperate soprattutto dai logopedisti nella comunicazione quotidiana con i sordi.

In questo ambito rientrano anche gli alfabeti manuali. Essi, detti anche dattilologie, sono sistemi gestuali in cui ad ogni lettera del normale alfabeto viene applicata una particolare configurazione della mano. Il principio può essere applicato a qualche lingua che ha un sistema di scrittura alfabetico. Tra questi alfabeti vi sono delle differenze. Quello britannico, ad esempio, si forma utilizzando entrambe le mani ed è quindi più complesso mentre quelli americano o italiano usano una sola mano.

Come tutti i sistemi di scrittura alfabetica, anche la dattilologia consente infinite possibilità combinatorie. È estremamente utile per rappresentare i nomi propri, i nomi geografici e i nomi in lingua straniera. Oggi la dattilologia più diffusa è quella internazionale e ciò consente un facile impiego e una immediata comprensione. Gran parte delle configurazioni utilizzate nella dattilologia è una rappresentazione iconica delle lettere alfabetiche, solo per alcune lettere è arbitraria. A volte si può ricorrere alla dattilologia per tradurre quei termini che non trovano un equivalente in un segno.

L’uso di questo sistema segnato ha comunque dei limiti:


  • Comporta un notevole dispendio di tempo, infatti se viene utilizzato troppo spesso in un’unità di tempo determinata può risultare stressante perché richiede un notevole controllo visivo
  • Non è fruibile da chi non ha dimestichezza con l’ortografia, dunque soprattutto dai bambini piccoli
  • Dal punto di vista del ricevente è difficile distinguere le configurazioni a una certa distanza e dunque la comprensione risulta più problematica
  • Anche se la distanza è minima la comprensione può risultare problematica se il segnante aumenta la velocità o omette qualche lettera.


Da ciò si può dedurre che la cosa migliore è considerare l’alfabeto manuale un sistema ausiliario, un ponte tra lingua verbale e lingua dei segni.

I sordi italiani, rispetto ai sordi degli altri Paesi, usano poco la dattilologia perché tendono ad usare il labiale, ciò dimostra il fatto che tradizionalmente la lingua parlata e la lettura del labiale hanno ricoperto e continuano a ricoprire un ruolo molto importante nell’educazione dei bambini sordi italiani. Inoltre i sordi italiani sono più abili nella lettura delle labbra perché in italiano esiste una corrispondenza biunivoca tra segno grafico ed esecuzione fonetica. La lingua italiana, infine, è una lingua polivocalica, l'italiano accorda una maggiore autonomia ai fonemi consonantici e ne consente una più pronta individuazione.

In Italia, fino a venti anni fa, era diffuso un alfabeto manuale noto anche agli udenti. Ora invece la dattilologia usata dai sordi è quella internazionale con alcune varianti. Essa viene eseguita con una sola mano in uno spazio determinato detto spazio dattilo logico che si trova esattamente all’altezza del collo e del mento e non lontano dalle labbra. In questo modo si può facilitare la lettura labiale durante la produzione.


Gesti e Segni

La comunicazione umana avviene attraverso modalità diverse che interagiscono fra di loro. Infatti, l’uomo comunica simultaneamente attraverso sistemi verbali e sistemi non verbali. Oltre alle parole e alla voce articolata usiamo i gesti per esprimerci.

Prima degli anni ’60 i linguisti, però, non hanno dato molta attenzione a questi aspetti gestuali del linguaggio, poiché esso è stato spesso considerato solo dal punto di vista fono-articolatorio. Il linguaggio parlato è sempre stato, infatti, dialektos (voce articolata significativa) che si manifesta perciò attraverso la modalità acustico-vocale.

A partire dagli anni ’60, ma soprattutto negli anni ’90 del secolo scorso, lo studio della lingua parlata e di quella scritta è stato integrato dall’interesse verso le caratteristiche gestuali presenti nelle forme di comunicazione. Le ricerche dettate da questo interesse sulla gestualità hanno dimostrato che le comunità umane interagisono in modo complesso con diversi sistemi comunicativi, verbali e non verbali, simultaneamente, tra i quali esiste uno stretto rapporto. Si è dunque parlato di multi- modalità comunicativa, che è un tratto peculiare del linguaggio umano.

Lo studio dei gesti ci porta a capire che tale parola racchiude in sé numerosi significati. ad esempio nella gestualità rientra anche la pantomima che è un sistema semiotico-gestuale prettamente iconico e consiste nella capacità tipicamente umana di imitare oggetti, azioni, eventi, ecc. attraverso il corpo. Poi ci sono i gesti simbolici, i quali possono essere usati anche in concomitanza con il linguaggio verbale per integrarlo, completarlo, sostituirlo completamente; in quest’ultimo caso svolge una funzione completamente autonoma. In sostanza, questi gesti vengono usati da una determinata cultura o gruppo sociale e hanno un significato condiviso e facilmente traducibile in parole (marameo, ciao, ok, dopo, ecc).

Infine ci sono linguaggi gestuali semioticamente autonomi sorti per facilitare la comunicazione in situazioni particolari dove non è permesso parlare. In questa tipologia rientrano, ad esempio, i linguaggi usati da gruppi religiosi o da società segrete. In questi casi si possono scambiare informazioni semplici e di numero limitato proprio perché non siamo in presenza di lingue ma di linguaggi che a differenza delle lingue non hanno né una struttura né una grammatica complessa.

La mimica e i gesti con cui spesso accompagniamo il parlato, o con cui a volte lo sostituiamo completamente, vengono confusi con la gestualità linguistica usata dai sordi, con i segni cioè della lingua dei segni. Non a caso si dice che i sordi comunicano a gesti.

La lingua dei segni non ha molto a che fare con la comune gestualità usata dagli udenti. I gesti, pur essendo efficaci infatti, non sono articolati, cioè non sono scomponibili in unità più piccole dotate di significato autonomo. Proprio per questo sono codici finiti e possono essere utilizzati per un numero limitato di concetti, dunque non utilizzabili come segni in frasi segniche. È importante, dunque, distinguerli dalle lingue gestuali vere e proprie. Queste ultime, infatti, fanno ricorso ai gesti simbolici ma diversamente dai sistemi gestuali, utilizzati nella comunicazione quotidiana degli udenti, essi sono lingue vere e proprie con le stesse caratteristiche delle lingue verbali, fatte da segni articolati, con un lessico molto ricco e arricchibile e con precise regole sintattiche per costruire le frasi.

C’è dunque differenza tra segno e gesto.
Il gesto è privo di significato, o meglio ha un significato puramente iconico non rispetta le regole fonologiche e tanto meno grammaticali, il gesto viene compiuto dagli udenti per motivi di enfasi del discorso ma in se non hanno significato o comunque ha un significato prettamente non verbale che non può essere tolto dal contesto in cui viene emesso. Il gesto è causale e non fa parte di un sistema linguistico.
I segni sono simili alle parole più di quanto lo siano i gesti, poichè hanno una realtà linguistica che i gesti non possiedono: hanno significato proprio e sono formati rispettando regole sintattiche ben precise. Tali regole che permettono la creazione di un segno, chiamate parametri formazionali, sono:

  • CONFIGURAZIONE


  • ORIENTAMENTO DEL PALMO DELLA MANO


  • LUOGO


  • MOVIMENTO

VARIETA' DELLE LINGUE DEI SEGNI

Un pregiudizio comune è che ci sia una lingua dei segni universale usata da sordi di tutto il mondo; al contrario, esistono centinaia di lingue dei segni nate spontaneamente nelle diverse comunità di sordi del mondo. Le diverse lingue dei segni nazionali presentano caratteristiche proprie, legate alla particolare cultura in cui vengono usate e di cui sono espressione. All’interno di una stessa lingua dei segni nazionale, coesistono ulteriori varietà regionali o dialettali e addirittura differenze lessicali entro la stessa città, questo è il risultato delle diversità linguistiche tra i vari istituti, le varie scuole o i vari circoli per sordi. Lo scarso livello di standardizzazione delle lingue segnate e la loro instabilità, derivanti da vari fattori, tra cui la mancanza di un sistema di scrittura condiviso, la discriminazione sociale inflitta per più di un secolo alla lingua dei segni hanno favorito la variabilità sincronica all’interno dello stesso paese.
Le diverse lingue dei segni non solo non sono reciprocamente intelligibili, ma sono strutturalmente diverse anche dalle rispettive lingue parlate nazionali.
È il caso, per esempio, della lingua dei segni americana e di quella francese le cui caratteristiche comuni hanno origini storiche di parentela genetica. Le parentele nelle lingue dei segni non coincidono con quelle delle lingue vocali, per cui, ad esempio, in paesi anglofoni come l’America e l’Inghilterra si sono sviluppate lingue dei segni diverse.
Negli anni Settanta si è cercato di creare una lingua dei segni universale, questo tentativo, concretizzatosi nella pubblicazione del Gestuno nel 1975, ha avuto scarso successo poiché si è trattato solo si una proposta lessicale, di una lista di segni “internazionali”, utilizzata qualche volta in occasione di incontri internazionali, ma che non ha mai acquisito le caratteristiche di una vera e propria lingua. Oggi, comunque, la lingua dei segni più utilizzata a livello internazionale è l’American Sign Language (ASL), che presumibilmente si avvia a diventare, come nel caso dell’inglese, la lingua dei segni sovranazionale. Si è riscontrato tuttavia, che quando sordi di diverse nazionalità si incontrano, riescono a intendersi meglio di quanto non facciano gli udenti di lingue verbali diverse. Questo accade per il fatto che i sordi in questi casi abbandonano la loro lingua dei segni e ricorrono naturalmente alla pantomima, in cui sono più esperti degli udenti.
Tutte le lingue dei segni, in quanto lingue vive, sono sistemi semiotici aperti e flessibili che hanno la proprietà di cambiare sia nello spazio sia nel tempo. Il lessico, soprattutto, subisce per ragioni diverse l’influenza della lingua orale e scritta, e di altre lingue dei segni attraverso i prestiti.
Per adattarsi alla vita sociale attuale, anche la lingua dei segni si arricchisce di nuovi vocaboli, i neologismi ( per es. internet, formattare, chattare), alcuni segni diventano obsoleti e spariscono dal lessico, altri si arricchiscono di significato. I mutamenti diacronici più evidenti riguardano il lessico, in seguito a trasformazioni della rappresentazione simbolica. I cambiamenti riguardano anche i significati dei vocaboli, le costruzioni grammaticali ed i parametri formazionali.
Un altro tratto peculiare delle lingue umane è il fatto che vengano trasmesse per tradizione al’interno di una società, in quanto fatti costitutivi della cultura. La lingua che apprendiamo dall’ambiente e alla quale siamo esposti viene trasmessa da una generazione all’altra per apprendimento spontaneo o perché ci vien insegnata. Anche le lingue dei segni vengono trasmesse per tradizione e in modo diretto, dal momento che non hanno ancora sviluppato autonomamente una forma di scrittura, come del resto gran parte delle lingue verbali usate nel mondo che hanno solo una tradizione orale. La mancanza di una forma scritta autonoma limita la possibilità dei segnanti di far conoscere e circolare il loro pensiero e il loro linguaggio naturale, i segni.

Un pò di storia

PARTIAMO DA LONTANO

E’ molto importante ricordare che la lingua in generale (e dunque anche la lingua dei segni) è legata alla cultura e alla storia: in ciascuna lingua si raccolgono il sapere, l'esperienza ed i costumi di un popolo. Molte persone si chiedono come nascano i “segni”. È difficile rispondere: mentre in italiano e nelle lingue parlate l'etimologia aiuta a scoprire la vera origine delle parole, nella lingua dei segni mancano documenti scritti, esistono solo testimonianze di esperienze o di studi dei vari metodi educativi svolti dai vari educatori dei sordi. Ma quando nasce questa lingua? Da quando sono nati i sordi: cioè da sempre, poiché è una lingua innata. In seguito il suo sviluppo andrà di pari passo con lo sviluppo delle teorie e delle tecniche di educazione dei sordi. Già in epoca cristiana ci si faceva delle domande a proposito di questo tipo di linguaggio, e successivamente se ne sono occupati Ippocrate, Aristotele, Platone. Tuttavia alcuni passi di Sant'Agostino , nel dialogo "De quantitate animae", evidenziano come nella cultura antica, spesso, la sordità, o qualsiasi altra menomazione, era vista come un'eredità di peccati commessi o dai sordi stessi o dai loro avi. Ma si può condannare una persona con un handicap per essere nata con un handicap? Pare di si, nell’antichità accadeva…a conferma di ciò si potrebbero portare anche gli accenni ai sordomuti dati da autori come Plauto, Lucrezio, Marziale. Per fortuna, nel corso del tempo riscontriamo un'evoluzione in direzione di un organizzazione sociale e culturale sempre più complessa. San Gerolamo (347 d.C.-420) scrive in "Commentarius in epistulam Pauli ad Galates":" i sordi possono apprendere il Vangelo per mezzo dei segni". Si tratta del primo documento che cita i segni come mezzo per l'istruzione dei sordi; in assoluto è anche il primo documento storico che menziona l'esistenza dei segni. Certamente è ancora troppo poco per poter affermare l'esistenza di una vera e propria lingua dei segni già ai tempi di San Gerolamo (IV sec d.C.), ma con questo scritto, viene eliminato del tutto il dubbio che i segni siano stati un mezzo artificiale di comunicazione inventato nell'era moderna o nel periodo medioevale. Nel corpo legislativo che risale all'impero Giustiniano (527-565 d.C.) troviamo l'istituzione di restrizioni legali per i sordi. Il Codice Giustiniano precisa che : "i sordomuti, divenuti per caso tali, possono usufruire dei loro diritti civili a condizione che sappiano leggere e scrivere". Questa citazione del Codice Giustiniano testimonia l'esistenza dei sordi che potevano leggere e scrivere già allora. Nel periodo che si estende dal XVI fino alla metà del XVII secolo (data della fondazione delle prime scuole pubbliche per sordomuti) ha origine la vera e propria istruzione dei sordomuti. Con l'inizio del XVI secolo si apre un periodo di nuove sperimentazioni e diffusione delle conoscenze anche a livello internazionale. Proprio quest'atmosfera porterà diversi scrittori ad ipotizzare l'educabilità dei sordomuti e a concentrarsi su questo argomento, favorendo così lo sviluppo di studi e ricerche di tipo medico, linguistico, storico, intorno al fenomeno del sordomutismo. Già nel XIV secolo Bartolo della Marca D'Ancona (1314-1357), giureconsulto italiano e scrittore, nel suo "Digesta Nova" afferma di aver conosciuto un uomo completamente sordo, chiamato Nellus De Gabrielis, nato a Euguba, che era cosi intelligente da comprendere facilmente le persone grazie alla lettura dei movimenti delle labbra (è il primo testo nella storia conosciuta in cui compare il concetto di lettura labiale) . Continuando, un testo tratto da un manoscritto del XV secolo (1420) proveniente dal monastero vastenense rappresenta il primo dizionario della lingua dei segni conosciuto. Il testo originale è scritto in latino e pare che non sia stato mai tradotto (ARS SIGNANDI - secundum usum Monasterii Vastenensis). Proprio tra il Quattrocento e il Cinquecento, i primi tentativi di studio del fenomeno, sono all'origine dello sviluppo e della diffusione di scuole private e in seguito pubbliche per l'educazione dei sordi in Europa, America e nel resto del mondo; si delineano al tempo stesso diverse linee di pensiero in merito alle metodologie da seguire, che portano, nel corso dei secoli, a dure controversie tra i sostenitori del metodo gestuale (l'educazione alla lingua dei segni) e di quello orale (l'educazione alla parola).

NEL FRATTEMPO IN ITALIA...

Nel 1670 il gesuita Lana Terzi, filosofo e matematico, scrive quello che forse è il primo libro in Italia specifico sull'istruzione dei sordi, il "Prodromo all'arte maestra" in cui viene messa in evidenza soprattutto la lettura labiale. Non è da sorprendersi che proprio un monaco benedettino sia stato il primo ad elaborare un metodo d'insegnamento per i sordi che prevedesse l'uso della lingua dei segni (Nell'anno 529 S. Benedetto in un convento presso Napoli, impose il voto del silenzio che, secondo lui, era un elemento essenziale del pensiero religioso. Tuttavia per poter aggirare questa rigida regola, ai monaci era permesso di comunicare attraverso i segni). Nel secolo XIX, vengono aperti Istituti per sordomuti in diversi Stati della penisola. Tuttavia è solo nel Novecento che si comincia a parlare di “lingua dei segni”, di "istruzione dei sordi” e di “comunicazione tra i sordi” per come noi le intendiamo oggi. Bisogna aspettare gli anni 20’-30’ per poter vedere in Italia qualche innovazione nell’educazione del sordo e nel linguaggio gestuale, grazie anche al contributo della psicolinguistica. Negli anni 40’ e 50’ se ne comincia a occupare anche lo Stato con importanti cambiamenti in ambito scolastico, ad esempio con l’introduzione delle cosiddette “scuole speciali”. Queste scuole speciali sono rimaste in vigore fino agli anni 70’, quando una legge le ha abolite e ha stabilito che il bambino venga inserito nella scuola pubblica con insegnante di sostegno. Nei sordi tuttavia continua a permanare, anche dopo l'abolizione delle scuole speciali, la difficoltà di instaurare rapporti sociali e/o affettivi con altre persone, data la predominanza della lingua parlata nella nostra società. Proprio per questa esigenza di comunicare comincia a diffondersi il concetto di “COMUNICAZIONE TOTALE”, ovvero l’unione dei metodi comunicativi, uditivi, gestuali e orali al fine di farsi capire. Nel frattempo, per quanto riguarda la lingua dei segni, all'inizio degli anni '60, grazie agli studiosi che se ne sono occupati, dall'America con W. Stokoe sino all'Italia con V. Volterra, si è giunti alla conclusione che la lingua dei segni è una lingua vera e propria sotto tutti i punti di vista (grammaticali, sintattici, morfologici), e con il riconoscimento giuridico da parte del Parlamento Europeo del 1988, è diventata la lingua ufficiale dei sordomuti. In Italia questa lingua ufficiale è la L.I.S. ( lingua italiana dei segni appunto). A proposito della già citata “comunicazione totale”, i vari metodi usati nella riabilitazione del bambino sordo sono: italiano, cued speech (rappresentazione di fonemi), dattilologia (alfabeto manuale), I.S.E. (Italiano Segnato Esatto), I.S. (Italiano Segnato), L.I.S (Lingua dei Segni Italiana). Questi metodi possono essere raggruppati in due categorie: “italiano, cued speech e la dattilologia” fanno parte dei metodi oralisti; "I.S.E., I.S. e L.I.S." sono definiti metodi misti o bimodali. Tutti insieme, compresa la L.I.S., fanno parte dell’ EDUCAZIONE BILINGUE.

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Futuro meno incerco con la lingua dei segni. Intervista alla Prof. ssa Donata Chiricò, di Angelo Iacopino

Arte in LIS: Romeo e Giulietta

La lingua dei segni allo Zecchino d'oro

L'alfabeto del silenzio

Alla stazione

E' opportuno parlare di riabilitazione?

Per molto tempo la sordità è stata affrontata da un punto di vista medico-riabilitativo, puntando l'attenzione solo sul deficit acustico da riparare attraverso l'uso di protesi o altri tipi di interventi.
Solo da qualche decennio, grazie a progressi della ricerca scientifica, si è diffusa una nuova filosofia che guarda alla persona sorda nella sua totalità e che, senza negare o ostinarsi a tutti i costi a ridurre il deficit, ne colloca lo sviluppo linguistico in un contesto più ampio, all'interno del quale il bambino sordo vine valutato non tanto sulla base di come "parla", ma piuttosto sulla base di quello che egli "è" e di quello che egli "sa". In questa prospettiva culturale, il sordo viene visto nella sua peculiarità: egli facendo affidamento sulle sue capacità visive e sulla sua specifica percezione del mondo si esprime pienamente attraverso la lingua naturale, quella dei segni.
La lingua dei segni, espressione della modalità di esistenza tipica dei sordi, non è un metodo ma una lingua con tutte le caratteristiche di una lingua vera e propria, quella della comunità dei sordi. L'esposizione alla lingua dei segni sin dalla più tenera età permette lo sviluppo della piena competenza linguistica e rende più semplice, più rapida e sopratutto più completa l'acquisizione delle conoscenze e la trasmissione dei contenuti culturali.
La riabilitazione dei sordi alla comunicazione orale segue un iter molto lungo e faticoso, per la scarsa efficacia della protesi o per l'alto grado della sordità. Il modo di parlare dei sordi è il più delle volte artefatto, sconnesso e privo di naturalezza a causa dell'assenza di feedback acustico. C'è da chiedersi pertanto che senso abbia immergere il bambino sordo nella comunicazione sonora quando di fatto egli non sente. Sarebbe meglio consentirgli l'uso del suo linguaggio naturale, integrandolo solo successivamente con la logopedia e la lettura labiale.

Per farci un'idea del modo in cui i sordi vivono questo ricondizionamento, ecco la testimonianza di uno di loro, educato al linguaggio vocale, che, in età adulta,si rivolge alla sua logopedista:
Tu non immagini quanta fatica mi costi l'apprendimento di alcune parole, dei fonemi. E' un vero e proprio stress[...] Tu sei fissata sull'allenamento acustico...Io, invece, voglio essere rispettato nella mia sordità dalle voci e dai suoni [Pigliacampo 1996,28,41].

La rieducazione orale è faticosa e spesso frustrante per un bambino, la cui capacità di applicazione è il più delle volte scarsa e discontinua, richiede tempi talmente lunghi da assorbire gran parte del tempo a disposizione del bambino sordo durante gli anni cruciali per la sua formazione, con ogni probabilità l'acquisizione del linguaggio avverrà in ritardo. Invece la possibilità di traduzione simultanea nella lingua dei segni permetterebbe un reale inserimento della persona sorda.
Un'altro limite del metodo orale sta nel privileggiare la produzione sulla comprensione. Lo stesso arricchimento del vocabolario viene perseguito selezionando i vocaboli in base alle difficoltà di pronuncia, di conseguenza sarà molto ridotto. L'uso esclusivo del linguaggio orale può risultare emarginante persino per i sordi con buone prestazioni verbali. Negli ultimi decenni, gli studi psicolinguistici hanno evidenziato i numerosi limiti dell'oralismo che, provocando un notevole abbassamento del livello di istruzione della popolazione sorda, si è rivelato un fallimento linguistico, dimostrando al contempo che coniugare la gestualità alla parola non ostacola la comprensione del linguaggio verbale (orale e scritto).

Strategie rieducative
Nelle nuove strategie rieducative rientra il metodo bimodale. La sua peculiarità sta nell'esporre il bambino sordo a un imput trasmesso contemporaneamente in due modalità: acustico-vocale e visivo-gestuale, ma usando un'unica lingua, quella verbale. Si parla usando la costruzione sintattica della lingua italiana e simultaneamente si producono i segni corrispondenti. Per rendere maggiormente "visibile" e quindi comprensibile la struttura dell'italiano vengono utilizzati i segni (il lessico) della LIS e nei casi in cui non esiste un segno corrispondente si ricorre alla dattilologia, ovvero all'alfabeto manuale dei sordi. Il linguaggio misto usato nel metodo bimodale è l' Italiano segnato esatto (ISE).Le finalità di questa proposta educativa sono una buona produzione verbale e, soprattutto, il miglioramente della comprensione della lettura labiale, delle abilità di lettura e comprensione del testo e di scrittura.
Ancora più recente è l'approccio educativo bilingue.Questa situazione si differenzia da quella bimodale per il fatto che si tratta di due lingue piuttosto che di un linguaggio misto, utilizzate separatamente anche per evitare fenomeni di interferenza interlinguistica.La lingua dei segni e la lingua parlata e/o scritta vengono usate in situazioni diverse e con interlocutori diversi, senza mescolanza.Questo approccio educativo, in cui oralità e lingua dei segni non sono scelte alternative ma coesistono, offre al sordo maggiori occasioni di interazione, di comunicazione e la possibilità di accedere a due mondi culturali.
Per concludere accenniamo a quella forma di comunicazione integrata, diffusa già da diversi anni nella didattica per sordi, nota come Comunicazione totale.Riconosce le possibilità di usare le modalità linguistiche ritenute più appropriate nelle diverse situazioni, allo scopo di agevolare la persona sorda nei processi di apprendimento e nella vita relazionale,leggittimando il ricorso a qualsiasi strumento semiotico nella prassi comunicativa.
"Comunicazione totale" significa apertura verso qualsiasi modalità linguistica e volontà di garantire al massimo la comunicazione dei sordi mediante l'impiego (non simultaneo) di tutte le strategie complementari alla verbalità e in particolare al recupero della lingua dei segni e di tutte le altre forme di gestualità.Tale disposizione mentale rappresenta anche il superamento della secolare disputa ideologica tra oralismo e segnismo.

La naturalezza dei segni

L'oralità è decisamente il sistema preferenziale. E nei casi in cui una comunità di persone udenti usi una lingua dei segni, questa coesiste sempre con una lingua orale. In un'ottica evolutiva non è casuale che la specie umana abbia specializzato la voce, anzichè il gesto, fino a farla diventare la modalità linguistica primaria. I vantaggi pratici dell'oralità rispetto alla gestualità hanno certamente contribuito alla prevalenza dell'una sull'altra: il suono si impone a prescindere dal livello di attenzione; si propaga pure al buio, a una certa distanza e anche in presenza di ostacoli(ad es. da una stanza all'altra) e, altro fattore importante, si può realizzare simultaneamente ad altri comportamenti. La gestualità non consente tutto questo.
Ciò non significa che la voce sia la materia indispensabile del linguaggio umano, e l'esistenza della lingua dei segni, sviluppatasi spontaneamente in assenza della parola e della ricezione di suoni, lo dimostra.
Dalle persone sorde, invece dei suoni invece dei suoni vocali e delle parole, vengono usati gesti manuali e corporei e il controllo dell'attività di produzione segnica è affidato alla vista anziché all'udito. Parole e segni sono così le due diverse modalità in cui può prendere corpo la facoltà del linguaggio. Ciò dimostra che non poter acquisire naturalmente una lingua vocale non comporta l'essere privati del linguaggio. Gli studi psicolinguistici condotti negli ultimi decenni sulle modalità di acquisizione della lingua dei segni, confermano che i bambini maggiormente sposti fin dalla nascita a una lingua dei segni, la apprendono con la stessa naturalezza e rapidità di una lingua vocale e seguendo le stesse tappe.
Bisogna riconoscere nei segni la lingua primaria e più naturale per i sordi e considerare che la sua acquisizione dovrebbe essere prioritaria, risultando la più idonea a favorire il pieno sviluppo delle loro capacità cognitive, emotive e creative, e della coscienza della loro identità.
Le aree cerebrali coinvolte nell'elaborazione del linguaggio verbale controllano anche l'attività linguistica dei segni. Data la specializzazione dell'emisfero destro nelle capacità visivo-spaziali, ci si sarebbe aspettati che il linguaggio dei segni venisse processato qui, visto la sua modalità spazio-visiva. Le persone sorde destrimani, però, che usano come forma di comunicazione primaria i segni, presentano una specializzazione dell'emisfero sinistro per il linguaggio, nonostante abbiano acquisito il linguaggio in una modalità diversa da quella acustico-vocale.
Si fa strada l'ipotesi di un adattamento dell'emisfero sinistro nei sordi segnanti, ovvero di una riorganizzazione delle aree cerebrali normalmente predisposte all'elaborazione dell'informazione uditiva per compiti visivo-spaziali che costituiscono un aspetto importante per l'apprendimento e l'uso della lingua dei segni.

appunti & spunti

Ecco a voi uno spazio tutto vostro per raccogliere, confrontare, scrivere insieme i vostri appunti di lingua dei segni.
Questo spazio è a vostra disposizione, naturalmente, anche per chiedere spiegazioni e chiarimenti alla Professoressa Chiricò.
Buon lavoro!


Lingua dei segni, una lingua tutta da scoprire

Arbitrarietà, iconicità e metafora

Introduzione agli studi sulla sordità

Tipi di sordità

La cortesia dei non vedenti, Wislawa Szymborska









Articolazione dei segni: componenti manuali e non manuali

Come le parole di una lingua vocale sono formate dalla combinazione di un numeri finiti e regolari di unità minime con valore distintivo, i fonemi, nelle lingue dei segni è possibile rintracciare un numero ristretto di sottoelementi minimi in genere privi di significato autonomo, "I Cheremi " o "Parametri formazionali". Queste unità cherologiche minime in cui è scomponibile ogni segno sono:

- La Configurazione o forma assunta dalla mano

- Il Luogo dello spazio dove il segno è eseguito

- Il Movimento che la mano, il braccio, le dita, il polso compiono nell'esecuzione del segno

- L'Orientamento del palmo dellla mano, che può essere rivolto verso l'alto, verso il basso, verso sinistra o verso desra, verso il segnante o in avanti.

Nella LIS sono state identificate 56 configurazioni, 40 movimenti, 16 luoghi e 6 orientamenti.
I parametri formazionali all'interno di ogni lingua dei segni svolgono funzioni analoghe a quelle svolte dal sistema fonologico di una lingua verbale e sono stati individuati attraverso il criterio classico delle "Coppie Minime". Per esempio nella lingua italiana, mela e vela si differenziano solo per uno dei fonemi che lo compongono, "m" e "v", è costituiscono così una coppia minima di segni. Allo stesso modo in un a lingua dei segni ci sono dei parametri distintivi per individuare una coppia di segni con significati diversi che si distinguono solo per un cherema: La configuarazione, il luogo, l'orientamento o il movimento.




















Una prova della doppia articolazione delle lingue dei segni e della realtà pscologica dei parametri è data dai "lapsus della mano", errori spontanei di produzione commessi dai segnanti, paragonabili a quelle delle lingue vocali, dovuti alla sostituzione di un parametro.



Un aspetto comune a tutte le lingue segnate è il fatto che i segni vengono prodotti con una o con due mani. I segni a una mano vengono eseguiti generalmente con quella dominante, nei segni a due mani queste possono muoversi entrambe oppure l'una si muove e l'altra sta ferma. Quando si muovono simultaneamente le mani tendono generalmente ad essere simmetriche.

Oltre agli articolatori manuali, nelle ligue dei segni rivestono una funzione centrale le componenti non manuali, portatrici di informazioni morfologiche, sintattiche o emotive essenziali, riguardanti sia i singoli segni sia strutture più complesse. Queste componenti sono le espressioni facciali, le posizioni del tronco e delle spalle, i movimenti degli occhi e del capo, le forme labiali, l'orientamento dello sguardo. Nella comunicazione gestuale dei sordi l'espressività corrisponde, in un certo senso, al tono della voce dell'udente.
Gi articolatori non manuali che spesso accompagnano i segni in modo regolare ne sono parte integrante, al punto da essere considerati in certi casi un quinto parametro fomazionale. Molto spesso i segni sono accampagnati da forme labiali, per via dell'influenza del parlato sul segnato.
La lingua dei segni è pertanto un sistema semiotico eterogeneo che fa uso contemporaneamente di più articolatori e\o modalità espressive, per veicolare diversi tipi di significati, coinvolgendo oltre alle mani buona parte del corpo. Concludiamo dunque dicendo che nelle lingue dei segni la multimodalità espressiva è un tratto tipico, dal momento che l'uso dei diversi articolatori è parte integrante della struttura del discorso segnato.

Arbitrarietà, iconicità, metafora

A partire da Saussure, l'arbitrarietà è stata considerata una proprietà fondamentale delle lingue verbali, tratto caratteristico rispetto ad altri sistemi semiotici. L'arbitrarietà del segno è quella caratteristica per la quale non vi è, nei segni, alcun legame "naturale" tra significante e significato.
Le lingue dei segni presentano invece una marcata tendenza all'iconicità, che non esclude affatto l'arbitrarietà, ma interagisce con essa in modi complessi. La forte presenza dell'iconicità è uno dei motivi che più hanno ostacolato il riconoscimento del linguaggio dei sordi quale lingua vera e propria, considerandolo per lungo tempo una sorta di pantomima.
Molti segni tendono ad assomigliare al referente: ad es. il segno LIS DORMIRE richiama l'azione di appoggiare la testa sul cuscino; il segno ALBERO rappresenta il tronco, e così via. Tali segni sono detti trasparenti, contrariamente a quelli in cui prevale l'arbitrarietà, detti invece opachi.
C'è da dire che, sicuramente, dato un referente, non è possibile stabilire a priori quale sarà il segno che lo esprimerà; fino ad arrivare a segni, presenti in ogni lingua dei segni, che non hanno nessun legame analogico col referente, e che possono a buon titolo consderarsi arbistrari.
Rispetto al grado di trasparenza, distinguiamo tre tipi di segni: 1) segni universalmente intelligibili (comuni a diverse lingue dei segni, più pantomimici); 2) segni mutuamente intelligibili (comprensibili a segnanti di lingue dei segni anche diverse, ma non agli udenti); 3) segni mutuamente inintelligibili (i più opachi o arbitrari, non comprensibili neanche in lingue dei segni diverse).
A studi del 1981 si deve il concetto di Metafora visiva, che indica il legame iconico tra i singoli parametri componenti il segno e determinate aree di significato. Succede, in tal modo, che gruppi di segni imparentati semanticamente utilizzino la stessa configurazione, o lo stesso luogo; in ogni caso, la scelta della metafora visiva sottostante a un determinato parametro varia da una lingua dei segni all'altra.
Facciamo un esempio: relativamente al parametro luogo, notiamo che molti segni eseguiti vicino alla testa rimandano a oggetti che si pongono sul capo ( il cappello, la corona del re, la penna dell'indiano, il turbante...) oppure ad attività che hanno luogo nella mente ( capire, pensare, imparare...). Il movimento circolare di alcuni segni, poi, è connesso all'idea di continuità o ripetitività (cambiare, andare in bicicletta...).
va osservato, comunque, che in genere i segnanti non sono consapevoli dell'iconicità dei segni. Essa viene colta per lo più a posteriori, riflettendo sulla lingua.
I segni, come in ogni lingua verbale, cambiano diacronicamente ed evolvono verso forme sempre più opache, tendendo in linea di massima a perdere l'iconicità originaria.

COMUNICAZIONE E SISTEMI SEGNANTI

Il termine COMUNICARE vuol dire tante cose tra loro così diverse ed è complicato riuscire a darne una definizione onnicomoprensiva.

La COMUNICAZIONE implica uno scambio reciproco di conoscenze, emozioni, esperienze, una trasmissione di informazioni finalizzata. Ne sono esempi il linguaggio verbale e la LINGUA DEI SEGNI.

Una particolarità della comunicazione umana infatti è quella di affidarsi al LINGUAGGIO in senso stretto, e solo mediante esso facciamo un uso infinito e creativo di mezzi finiti ( PRODUTTIVITA').

La comunicazione umana avviene attraverso modalità diverse che interagiscono in modi complessi. Può essere verbale e non verbale (gesti - segni).

Nel corso delle generazioni, la comunicazione gestuale usata dai sordi si è evoluta fino ad acquisire caratteristiche e proprietà linguistiche. Esistono altri sistemi usati nella comunicazione dei sordi noti come SISTEMI SEGNANTI,ovvero, codici gestuali a metà tra la lingua parlata e la lingua dei segni.


ISE (Italiano Segnato Esatto),una modalità di comunicazione segnata segnata che fa da trait d'union tra la lingua verbale e quella dei segni in modo più puntuale. L'ISE permette di tradurre parola per parola la lingua vocale riproducendo le sue regole grammaticali e sintattiche.


Gli ALFABETI MANUALI (o anche DATTILOGIA) sono quei sistemi segnati che possono sostituirsi alla lingua verbale. Ad ogni lettera del normale alfabeto viene attrbuita una particolare configurazione della mano.




Futuro meno incerto con la lingua dei segni. Intervista alla Prof.ssa Donata Chiricò, di Angelo Iacopino

Successo per il progetto di alfabetizzazione della professoressa Donata Chiricò (Lettere e Filosofia)

L'istituzione del primo corso di alfabetizzazione di Lingua Italiana dei Segni presso l'Università della Calabria si è dimostrata un'iniziativa di ampio respiro non solo teorico per gli studenti coinvolti. Ce ne illustra le motivazioni la Prof.ssa Donata Chiricò, promotrice del progetto.


Che cos'è la Lingua dei Segni?

La Lingua dei Segni è una lingua utilizzata dai sordi che ha la caratteristica specifica di sfruttare il canale visivo-gestuale, ovvero le mani e la vista, al posto del canale fonico-acustico, ovvero la voce e udito, utilizzato dalle lingue verbali.

Cosa l'ha spinta a promuovere un corso di LINGUA ITALIANA DEI SEGNI (LIS) presso la Facoltà di Lettere e Filosofia?

Da alcuni anni in questa facoltà c'è un gruppo di persone che si occupa di affrontare i problemi educativi e teorici legati alle patologie del linguaggio. In particolare, insieme ad un collega scomparso di recente, il prof. Tommaso Russo, ci siamo occupati di problematiche legate alla sordità e questo è un omaggio ad un progetto comune. Ci sono, poi, delle motivazioni storico-filosofico : dal 1775, anno in cui Charles de l'Epée fonda la prima scuola pubblica per sordi, la Lingua dei Segni non ha avuto una vita facile. Da sempre ostacolata dalla cultura oralista, da pochissimo tempo ha ricominciato a essere una lingua praticata e insegnata e solo dal 2007 l'Unione Europea l'ha riconosciuta come lingua a tutti gli effetti. Con questo corso si vuole quindi creare l'occasione per dimostrare che la lingua è uno strumento attraverso cui si costruisce un'identità; e che impedire a una porzione di individui di utilizzare la propria lingua madre è una forma di intolleranza imperdonabile. Conoscere e difendere la LIS è solo un altro modo per la democrazia e la libertà di parola in un senso alto.


In che modo la conoscenza della LIS può rappresentare un valore aggiunto nel curriculum di uno studente?

Volendo pensare solo a motivazioni di ordine generico pratico, uno strumento capace di utilizzare e padroneggiare una lingua così specifica e particolare come la LIS ha una carta in più da giocare sul mercato del lavoro. L'interprete di LIS è un vero e proprio mestriere ed esiste un'Associazione di LIS. La Calabria è manchevole di interpreti e di posti in cui apprendere questa lingua. A noi piacerebbe offrire agli studenti questa piccola possibilità. Quest'anno abbiamo iniziato con un corso di alfabetizzazione e speriamo che il progetto continui, vista la partecipazione assidua ed entusiasta di colore che hanno seguito il corso.

Arte in LIS: Romeo e Giulietta


Vi lascio il link per visionare........

Beh perchè scriverlo, cliccate e lo scoprirete!!!






ROMEO E GIULIETTA IN LIS


A Verona ci sono due famiglie: la famiglia Montecchi e la famiglia Capuleti.
Giulietta è della famiglia Capuleti invece Romeo è della famiglia Montecchi.
Le due famiglie si odiano e litigano sempre; anche nelle strade e
nelle piazze della città ci sono duelli tra le due famiglie.
Un giorno Romeo, con il suo amico Mercuzio, va ad una festa.
Alla festa Romeo Montecchi incontra Giulietta Capuleti.
I due giovani si innamorano, ma scoprono che le
loro famiglie sono rivali. Romeo e Giulietta decidono
di sposarsi in segreto . Frate Lorenzo aiuta Romeo
e Giulietta e li sposa.
Dopo il matrimonio , un giorno, Romeo ed
il suo amico Mercuzio incontrano Tebaldo,
il cugino di Giulietta. Tebaldo è un rivale dei
Montecchi. Tebaldo provoca Romeo ma
Romeo non reagisce . Mercuzio, invece, reagisce ,
prende la spada ma Tebaldo lo uccide.
Romeo, per vendetta, uccide Tebaldo.
Romeo viene mandato in esilio nella città
di Mantova. Prima di partire Romeo e
Giulietta trascorrono la notte insieme.
All'alba, quando l'allodola canta, Romeo parte.
Mentre Romeo è a Mantova, il padre ordina a
Giulietta di sposare un altro uomo. Giulietta è
disperata
e corre da Frate Loremzo per chiedere aiuto.
Frate Lorenzo dà a Giulietta una medicina.
Giulietta deve bere la medicina prima di dormire.
Giulietta beve la medicina e sembra morta per 42 ore.
Frate Lorenzo manda un messaggero per avvisare
Romeo e farlo tornare a Verona, perché quando Giulietta
si sveglierà nella tomba vedrà Romeo vicino a lei.
Il messaggero però non trova Romeo.
Un uomo di Verona arriva a Mantova e avvisa Romeo
che Giulietta è morta. Romeo torna a Verona
perché vuole morire vicino a Giulietta.
Romeo compra un veleno, corre alla tomba
di Giulietta, bacia Giulietta per l'ultima volta,
beve il veleno e muore. Il messaggero torna
da Frate Lorenzo e dice che non ha trovato Romeo.
Frate Lorenzo corre alla tomba di Giulietta e trova Romeo morto.
Giulietta si sveglia, vede Romeo morto, si dispera
e si uccide con il pugnale di Romeo.



Maria Laura.






La lingua dei segni allo Zecchino d'Oro

Ciao Ragazzi, sarà che sono di lacrima facile ultimamente, ma quando ho visto questo video e sentito questa lettera mi sono davvero emozionato. Provate a leggerla e successivamente a vedere il video. E guardate la gioia negli occhi di quei bambini. Non aggiungo altre parole. Tutto si commenta da solo.

"Sono contenta che incominci lo Zecchino perchè Davide, mio figlio, lo adora. Lui lo guarda sempre,si attacca alla televisione per sentire le vibrazioni,per guardare da vicino quelle boccucce che emetteno suoni che lui non può sentire,perchè lui è sordo, e allora mi chiama, si attacca alla mia gonnae mi chiede:"Fammi i segni, traduci. Perchè non pensano anche ai sordi?" E io traduco quello che posso muovendomi a ritmo di musica. Il suo viso si riempie di gioia, e il mio di lacrime.La musica si può ascoltare, ma si può anche vedere. Perchè non aiutate Davide e tutti gli altri bambini sordi come lui a vedere la musica dello Zecchino d'Oro? "