Lingua dei segni, una lingua tutta da scoprire

Le lingue dei segni sono lingue giovani e antiche allo stesso tempo.

Antiche dal momento che sono da sempre usate dai sordi per comunicare, infatti, la modalità segnica è quella spontanea per le persone sorde, perché impegna i canali visivo-gestuali.

Giovani perché bisognerà attendere la fine degli anni cinquanta quando uno studioso americano, William Stokoe (1960), studiando l'American Sign Language (ASL), capì che le lingue dei segni hanno caratteristiche linguistiche analoghe a quelle delle lingue vocali.


In Italia lo studio della lingua italiana dei segni è cominciato alla fine degli anni settanta grazie a un gruppo di ricercatori del CNR, coordinati da Virginia Volterra. Si tratta di una lingua antica che per secoli è stata trasmessa 'di mano in mano', poiché priva della testimonianza di una letteratura e per alcuni periodi costretta ad una semiclandestinità, negli ultimi anni acquisisce lo status di lingua, s'inizia a studiarne la grammatica e la sintassi, escono i primi dizionari.

Le ricerche pubblicate da Volterra (1987) mostrano chiaramente che la lingua dei segni utilizzata dai sordi italiani non è un linguaggio, ma possiede le caratteristiche proprie di una vera lingua.
La presenza di precise regole morfologiche e sintattiche è una caratteristica importante che distingue una lingua dei segni da un linguaggio gestuale o da una pantomima.

Esiste un'articolazione sistematica, corrispondente all'articolazione fonologica della lingua vocale; è possibile individuare, dall'analisi dei segni, dei parametri formazionali, da cui nascono tutti i segni della lingua ed è inoltre possibile individuare un lessico, una morfologia, una sintassi.
Queste ricerche hanno portato alla scoperta di quattro parametri fondamentali nell'articolazione dei segni nella LIS:

  • il luogo dello spazio dove viene eseguito il segno;
  • la configurazione delle mani nell'eseguire il segno;
  • l'orientamento del palmo e delle dita assunto dalle mani;
  • il movimento della mano nell'eseguire il segno.

"Come nella lingua verbale due fonemi si dicono distinti e significativi se esistono almeno due parole che cambiano di significato al variare dei due suoni (ad esempio, /pasta/, /basta/ si differenziano solo per uno dei fonemi che le compongono: /p/ e /b/ rispettivamente), così si dice che due parametri sono distinti se si individuano due segni con diversi significati che si distinguono solo per una caratteristica: il luogo di esecuzione, la configurazione, l'orientamento o il movimento". (Caselli et al., 1994).


Quindi al variare di uno dei parametri distintivi della lingua dei segni, varia il significante del segno che si vuole esprimere. Questa suddivisione è stata imprescindibile per una corretta tassonomia del patrimonio lessicale della lingua dei segni.

All'inizio degli anni novanta sono stati pubblicati tre dizionari relativi alla LIS. L'uscita di queste pubblicazioni, dovuta al desiderio dei sordi italiani di diffondere questa lingua e degli udenti di impararla nei corsi che intanto si tenevano in varie città italiane, ha contribuito ad evolvere il processo d'istituzionalizzazione della LIS.

Il Dizionario bilingue elementare della lingua dei segni italiana a cura di E.Radutsky (1992) è senz'altro la più imponente di queste opere.

Presenta più di 2.500 segni e per ciascuna voce è riportata la rappresentazione grafica, la trascrizione del segno relativa ai parametri fondamentali, la traduzione in italiano, alcune frasi esplicative del contesto, sinonimi in segni, varianti fonologiche, aree geografiche di reperimento dei segni.




Figura 1: Esempio di voce del dizionario a cura di E.Radutsky (1992)
1. Disegno; 2. Trascrizione; 3. Numero di identificazione; 4. Traduzione/i in italiano 5. Frasi esplicative del contesto; 6. Sinonimi in segni; 7. Varianti fonologiche; 8. Categorie grammaticali; 9. Aree geografiche di reperimento del segno; 10. Annotazioni varie.


Questo lavoro è esplicativo della complessità nell'operare un interfacciamento tra due lingue veicolate in due modalità differenti.
Analizziamo gli elementi morfologici e sintattici della LIS per vedere se e come questi influenzano l'italiano scritto dei sordi.

I SOSTANTIVI nella LIS non hanno differenze di genere. Per quanto riguarda il numero è necessario distinguerli in due classi:


  • i sostantivi che hanno come luogo di articolazione un punto del corpo del segnante: aggiungono al segno nominale un segno avverbiale che esprime molteplicità.
  • i sostantivi che hanno come luogo di articolazione lo spazio neutro: il segno viene ripetuto modificando il luogo di articolazione.


FIGURA 2: TANTI/E
Esempio di voce del Dizionario bilingue elementare della lingua dei segni italiana a cura di E.Radutsky (1992)



FIGURA 3: MOLLETTE
Esempio di voce del Dizionario bilingue elementare della lingua dei segni italiana a cura di E.Radutsky (1992)

Per quanto riguarda i VERBI possiamo distinguere tre classi:

  • i verbi che hanno come luogo d'articolazione il corpo del segnante. Si coniugano cambiando il pronome personale e lasciando il verbo immutato: io imparare, tu imparare, lui/lei imparare ecc.
  • i verbi che hanno come luogo d'articolazione lo spazio neutro e sono caratterizzati da un movimento tra due punti d'articolazione. Questi verbi, invece, possono essere flessi tralasciando il pronome personale e modificando il movimento che esprime il segno verbale. Ad esempio se la frase è 'io ti regalo', il segno muove dal corpo del segnante a quello dell'interlocutore viceversa per la frase 'tu mi regali'.
  • i verbi che hanno sempre come luogo d'articolazione lo spazio neutro ma hanno un solo punto d'articolazione. Anche questi verbi sono flessivi, in questo caso cambia il luogo d'articolazione del segno.

Per quanto riguarda gli aspetti temporali, non esistono nella LIS i tempi dei verbi come nelle lingue vocali. Per indicare che un'azione è avvenuta nel passato ed è terminata, si usa aggiungere al segno del verbo il segno 'fatto' ad esempio 'bere + fatto' è uguale a bevuto.
In generale esiste una linea del tempo convenzionale che va dalla spalla dell'insegnante verso l'interlocutore; la collocazione del segno in punti diversi di questa linea indica la maggiore vicinanza o lontananza nel tempo dell'azione espressa dal verbo (Cameracanna e Corazza, 1989, Corazza e Pizzuto, 1992).
Come nel caso di alcune lingue vocali, nella LIS non esistono gli ARTICOLI e il verbo 'essere' come ausiliare. Non esistono, inoltre, segni specifici per le PREPOSIZIONI che sono espresse in altri modi.

Passando alla sintassi, per esprimere una frase interrogativa vengono utilizzate particolari espressioni facciali e movimenti del corpo: sollevamento delle sopracciglia e spostamento della testa e delle spalle in avanti.
L'aspetto sintattico della LIS più indagato è quello dell'ordine dei segni nella frase. Secondo Laudanna e Volterra (1991), nelle lingue dei segni ci si distacca dall'ordine lineare SVO proporzionalmente alla presenza di alcuni meccanismi tipici delle lingue segnate quali: le variazioni spaziali nel posizionamento e orientamento dei segni, la direzione o l'ampiezza del movimento. Sembra poi che la lingua parlata e la lingua dei segni presentino una serie di analogie: pur avendo regole specifiche ben distinte, le relazioni tra gli elementi della frase vengono espresse sia dall'ordine sia da altre strategie caratteristiche della modalità espressiva.
Ecco la testimonianza di un ricercatore udente alle prese con l'apprendimento della LIS: "Avvezzi ad una modulazione tonale più che 'corporea', la vera difficoltà nel renderci intellegibili la trovammo proprio nel dover 'sciogliere i nostri corpi, le nostre espressioni, le nostre posture. Mi trovai ben presto a dover 'modulare' le espressioni del volto assumendo, circa il contesto della frase, atteggiamenti di domanda, di confusione, di stupore, in sostanza di 'accompagnare' con il viso le mani segnanti cercando di rendere più chiaro ed interessante il concetto da esprimere" (Perretti A., 1996).
Si può affermare che la modalità visivo-gestuale influenza lo stabilirsi di alcune regole linguistiche basate su strategie di tipo sia semantico sia percettivo.

L'alfabeto del silenzio

A scoltami; ascolta i miei pensieri, leggi i miei occhi,
sforzati di capire
B ussa al mio cuore: non vede l’ora di aprirsi a te
C onoscimi, comunica con me
D immi di te: io voglio conoscere il tuo mondo
E vita di nasconderti o di evitare il mio sguardo
quando ti parlo o quando segno solo perché non mi
capisci
F ai di tutto per comunicare: io voglio interagire con te
G uarda le mie mani: parlano di me
H ai timore di non capirmi? Io ne ho molto di più di
non riuscire ad esprimere ciò che ho dentro
I mpara la mia lingua: vedrai che ne trarrai giovamento
anche tu
L asciami entrare in relazione con te,
M a sforzati di guardare il mondo come lo vedo e lo
sento io, come io mi sto sforzando di capire il tuo
N on ti preoccupare: io farò di tutto per capirti
O sserva i miei gesti; essi racchiudono in loro la
profondità del mio pensiero
P rendimi a cuore: I care
Q uando parli, muovi le labbra in modo chiaro
altrimenti non riesco a leggerle
R aggiungimi: impara a conoscere il mio modo di
interagire con il mondo
S egna insieme a me: riusciremo finalmente a
comunicare
T rattami come una persona intelligente, quale io
sono: capisco tutto, basta che tu sappia spiegarmelo
U n mondo silenzioso non è un mondo vuoto: ma il
vero handicap lo crea la maggioranza quando non
riesce a capire e a comunicare senza i suoni
V isuo-manuale: è così che viene classificata la mia
lingua
Z ittisci tutti coloro che pensano che io nell’aria faccia
solo gesti senza senso!

Alla stazione


La cortesia dei non vedenti, Wislawa Szymborska

Wislawa Szymborska (premio Nobel per la letteratura nel 1996)

La cortesia dei non vedenti

Il poeta legge le poesie ai non vedenti.
Non pensava fosse così difficile.
Gli trema la voce.
Gli tremano le mani.
Sente che ogni frase
è qui messa alla prova dell'oscurità.
Dovrà cavarsela da sola,
senza luci e colori.
Un'avventura rischiosa
per le stelle dei suoi versi,
e l'aurora, l'arcolabeno, le nuvole, i neon, la luna,
per il pesce finora così argenteo sotto il pelo dell'acqua,
e per lo sparviero, così alto e silenzioso nel cielo.
Legge - perchè ormai è troppo tardi per non farlo -
del ragazzo con la giubba gialla in un prato verde,
dei tetti rossi, che puoi contare, nella valle,
dei numeri mobili sulle maglie dei giocatori
e della sconosciuta nuda sulla porta schiusa.
Vorrebbe tacere - benchè sia impossibile -
di tutti quei santi sulla volta della cattedrale,
di quel gesto d'addio al finestrino del treno,
di quella lente del microscopio e del guizzo di luce dell'anello
e degli schermi e specchi e dell'album dei ritratti.
Ma grande è la cortesia dei non vedenti,
grande la comprensione generosità.
Ascoltano, sorridono e applaudono.
Uno di loro persino si avvicina
con il libro aperto alla rovescia,
chiedendo un autografo che non vedrà.

Lingua dei segni, dattilologia, labiolettura: segni tra le mani, segni tra le labbra

Con il termine dattilologia (da 'dattilos', dito e 'logos' discorso, studio) ci si riferisce all'alfabeto manuale a volte usato anche dagli udenti che non hanno avuto alcun contatto con le persone sorde.

Fondato su configurazioni statiche, è uno dei mezzi di comunicazione visivo-gestuali più semplici: consiste, com'è noto, nel formare con le dita e la mano le lettere dell'alfabeto.

Leroi-Gourhan (1977) fa notare come il perfezionamento del cervello nella storia dell'evoluzione animale vada di pari passo a quella della mano; nei mammiferi, quanto più la mano è articolata, tanto più è sviluppato il cervello.
E' facile notare dalle illustrazioni delle varie lingue dei segni che si sono succedute nella storia dei sordi, un'evoluzione nell'economia del gesto.

Si passa da lettere segnate con entrambe le mani, aventi come luoghi spaziali di esecuzione del segno diverse parti del corpo, all'alfabeto manuale ora in uso, caratterizzato dall'uso di una sola mano e dall'utilizzo esclusivo dello spazio neutro davanti al segnante come luogo di esecuzione.

Nei metodi didattici la dattilologia è indispensabile per rendere comprensibile un nuovo vocabolo, e affianca la labiolettura per la comunicazione di parole con un'impostazione fonatoria simile per lo spelling delle parole di lingue straniere.

La dattilologia ha un ruolo importante nell''italiano segnato esatto (ISE) usato nel metodo bimodale in quanto sostituisce tutte le parti grammaticali estranee alla Lingua Italiana dei Segni (LIS) (Piglicampo, 1998).


Nella LIS, invece, la dattilologia è scarsamente usata rispetto alle altre lingue dei segni. In particolare è usata per i nomi propri che non possiedono un segno specifico (cognomi, nomi di città e luoghi geografici) e per l'inizializzazione, cioè l'uso della prima lettera di una parola come configurazione del segno corrispondente alla parola.


Con la definizione labiolettura ci si riferisce alla tecnica di decodificare ed identificare i movimenti dell'apparato fonatorio e labiale della persona che comunica col sordo.
Il sordo può così riconoscere i movimenti labiali che formano una o più parole senza l'uso della voce dell'interlocutore. Secondo Pigliacampo (1998) la labiolettura deve tener conto dei seguenti problemi:

  • basare l'istruzione del sordo esclusivamente sulla labiolettura, potrà significare anche stress ed umiliazione quando sarà costretto a comunicare con persone che non hanno pazienza o che possiedono una conformazione labiale che rende impossibile o complicata la comprensione dei fonemi;
  • la comprensione del significante labioletto sulle labbra non implica la comprensione del significato della parola; il sordo fa ogni sforzo per decodificare i codici vocali emessi dalle labbra di chi parla, ma spesso gli sfugge il valore semantico degli stessi;
  • gli interlocutori e in particolar modo gli insegnanti devono possedere un apparato labiobuccale normale. Dovranno imparare a parlare senza fretta né innervosirsi alle frequenti espressioni di incomprensione del sordo.

Parlare bene al sordo è molto difficile e gli insegnanti, i genitori o il logopedista, dovranno leggere loro stessi le labbra del sordo perché se non sono in grado di 'labioleggere' non sono neanche all'altezza di mostrare correttamente i fonemi sulle loro labbra.