Introduzione agli studi sulla sordità

Un pregiudizio sulla sordità sta nel ritenere che i sordi siano persone mentalmente ritardate. Questo equivoco nasce dalla convinzione che essere privi della parola "parlata" significhi essere privi di una mente che ragiona.
Già Aristotele aveva evidenziato nell'uomo il nesso funzionale tra udito e voce articolata e la sua specificità per lo sviluppo del logos, cioè della mente linguistica dell'animale umano, definendo i sordi esseri intellettivamente inferiori proprio perchè privi del linguaggio articolato [Historia Animalium]. Tuttavia, anche se le affermazioni aristoteliche andrebbero considerate nel contesto complessivo della sua idea di lingua, le interpretazione che ne sono scaturite nei secoli successivi hanno pesato negativamente per migliaia di anni sulla condizione generale dei sordi e in particolare sul guidizio del loro stato cognitivo. Si noti a proposito l'espressione inglese deaf and dumb, dove dumb oltre che muto può significare anche sciocco, duro di comprendonio. Oggi, comunque, anche nei paesi anglofoni quest'espressione è ormai sostituita dal termine deaf.
Il sordo non ha nè un deficit cognitivo , nè un danno neurologico, ma solo un deficit sensoriale.
Per molto tempo si è chiamato "sordomuto" il sordo. In realtà il mutismo è un'effetto della sordità, i sordi sono semplicemente "sordi", privati della capacità di ascoltare i suoni prodotti nell'ambiente che li circonda e di autocontrollare le loro produzioni vocali, ma sono potenzialmente in grado di parlare , perchè dotati di un apparato fonatorio integro e di identico a quello di ogni persona normale. Essi diventano muti a causa della loro sordità, proprio perchè noi parliamo solo perchè sentiamo. Nei primi mesi di vita anche i bambini sordi congeniti, come quelli udenti, producono suoni linguistici, ma la loro lallazione è povera e incoerente, proprio per la mancanza di feedback acustico, per l'impossibilità cioè di autocontrollo dell'attività fono-articolatoria.
L'esistenza di lingue dei segni forniscono una prova dell'indipendenza della facoltà del linguaggio dalla dimensione orale.
La facoltà del linguaggio, sia in condizioni normali sia, e ancora di più, in presenza di un deficit sensoriale, ha bisogno di un ambiente sociale e linguistico adeguato per potersi attivare spontaneamente, ha cioè bisogno del contatto con altre persone che segnano o parlano, di stimoli comunicativi.

Se un bambino non è immerso precocemente in un contesto sociale e linguistico, entro l'età critica che va da 0 a 4/5 anni circa non riuscirà ad acquisire una serie di abilità.
L'esperienza linguistica può modificare in modo considerevole lo sviluppo cerebrale e se essa è deficitaria può causare un ritardo nella maturazione del cervello, impedendo il normale sviluppo dell'emisfero sinistro e l'orizzonte delle sue capacità di pensiero è gravemente limitato.

In genere quando si parla di sordi si intendono i sordi prelinguistici, quelli che sono privi di udito dalla nascita o che lo hanno perso nell'infanzia, prima ancora di acquisire il linguaggio. Non potendo udire i suoni prodotti nell'ambiente familiare ed esercitarsi a loro volta ad imitarli, i sordi profondi prelinguistici non mostrano la minima predisposizione innata a parlare. Essi hanno un istinto naturale a segnare, ovvero a creare e ad apprendere, senza uno specifico addestramento, la lingua dei segni, sol che vi vengano esposti.
Il sordo postlinguistico, ovvero chi diventa sordo dopo l'acquisizione del linguaggio, conserva inalterato il suo patrimonio linguistico, vive raramente in un mondo silenzioso. Egli conserva l'esperienza dei suoni, nel senso che il suo cervello è capace di tradurre i movimenti labiali in sensazioni uditive.
Ai sordi prelinguistici , naturalmente, è preclusa l'esperienza dell'immaginazione uditiva, non avendo essi alcuna idea del suono delle parole e di un corrispondente suono-significato.

0 commenti:

Posta un commento