COM’È FATTA UNA LINGUA DEI SEGNI

Corso di Lingue dei segni

A.A. 2004-2005

Prof. Tommaso Russo


Negli anni ‘60 con l’opera di Sign Language Structure, William Stokoe inzia la riflessione linguistica e semiotica contemporanea sulle lingue dei segni e si dà loro uno status linguistico. Negli anni ’70 il termine “segni” diviene l’etichetta per denominare le unità base delle lingue visivo-gestuali.

La scoperta di Stokoe è, in realtà, una riscoperta di forme di comunicazione sempre esistite nella storia. Non a caso le lingue dei segni sono le uniche forme di comunicazione a cui può essere attribuito lo status di lingue.

Fino alla fine degli anni ’90 la ricerca ha inteso sottolineare le caratteristiche comuni delle lingue dei segni e di quelle vocali. Jouison si rende conto che è necessario osservare i segni con occhi liberi da condizionamenti della linguistica delle lingue vocali, in modo da individuarne la struttura ed il funzionamento. È necessario tenere in considerazione, inoltre, il ruolo dell’utente, che individua nelle lingue dei segni l’unico canale espressivo e di autoidentificazione.

Non esiste un’unica lingua dei segni. Ogni Paese ha il suo codice linguistico, con regole grammaticali, morfologiche e sintattiche. La loro grammatica risponde a principi autonomi caratterizzati dalla variabilità e da una mutabilità a livello sincronico (esistenza di varietà linguistiche) e diacronico (mutabilità nel tempo di una sola lingua dei segni), dalla mancanza di un sistema di scrittura diffuso e condiviso, che comporta la nascita e il proliferare di dialetti segnati.

Data la complessità di strutture sintattiche e grammaticali, è possibile applicare la nozione saussuriana di sistema isolando, nel flusso della comunicazione segnata unità regolari, unità regolari e invariabili che si possono a loro volta scomporre in sottocomponenti.

Lo spazio di articolazione dei segni è molto più ristretto rispetto a quello dei gesti: esso va dal bacino del segnante fino all’altezza della testa.

Le unità minimali da cui è composto un segno sono:

  • Luoghi sul corpo
  • Configurazioni della mano
  • Orientamenti della mano
  • Tipo di Movimento

Per la Lis (Lingua italiana dei segni) abbiamo 56 configurazioni, 16 luoghi, 6 orientamenti, 40 movimenti. Questi elementi sono chiamati “cheremi”, paragonabili ai fonemi delle lingue vocali. Per i cheremi è fondamentale la dimensione della simultaneità, mentre i fonemi sono unità sequenziali. L’unità gestuale segnante emerge dall’interno di un flusso che coinvolge tutto il corpo.

Si può fare un paragone tra segno e sillaba. In una sillaba abbiamo un momento consonantico e un momento vocalico che si contrappongono in modo simile al modo in cui il movimento si contrappone alle figure articolatorie, nel flusso gestuale segnato. La maggioranza dei segni sarebbe, quindi, monosillabica.

Dal livello delle unità minime prive di senso, grazie alla combinazione tra cheremi, si passa al livello morfologico. L’analisi sui legami tra singoli parametri e aree semantiche ha rilevato una forte “iconicità” di alcuni segni della Lis (per esempio il segno “tavolo” è eseguito a mano aperta e dita giunte con la configurazione B ed il movimento sembra indicare la superficie).

Esistono poi una serie di segni che sono opachi ad un primo sguardo, ma diventano chiari una volta che ne conosciamo il significato. Questi segni vengono definititraslucidi. Per esempio, nel segno “pesce” possiamo riscontrare una certa somiglianza con la “coda di un pesce”.

Abbiamo, inoltre, legami semantici tra elementi di seconda articolazione e campi semantici. Ad esempio, la configurazione B, oltre ad indicare il segno “tavolo”, è utilizzata per le superfici piane (stanza, corridoio,…). Infine, una delle caratteristiche del lessico segnato riguarda le estensioni metaforiche: pensiamo, ad esempio, ai segni “afferrare”, “capire” e “valigia”.

L’intreccio tra aspetti iconici e arbitrari si ritrova a tutti i livelli del sistema linguistico. L’iconicità non si contrappone ma convive con il carattere sistematico della lingua. I segni sono caratterizzati da proprietà come la doppia articolazione, l’arbitrarietà, l’indeterminatezza semantica o estensibilità dei significati, la composizionalità e la ridondanza.

Nelle lingue dei segni è possibile isolare costituenti della frase segnata appartenenti a diverse parti del discorso: sostantivi, verbi, avverbi. I segni si differenziano tra loro da un punto di vista grammaticale grazie alla loro forma e alla possibilità di entrare o meno in combinazione con altri segni.

Abbiamo due categorie principali di sostantivi, che si differenziano tra loro sulla base del luogo di articolazione e in relazione ai meccanismi di pluralizzazione a cui sono soggetti.

I segni della prima categoria (come per esempio “albero” o “casa”) sono articolati nello spazio neutro, ovvero nello spazio di fronte al segnante.

Quelli di seconda categoria, invece, sono ancorati ad un luogo sul corpo del segnante.

La ripetizione del segno e la sua dislocazione nello spazio indicano il plurale. I segni ancorati al corpo generalmente vengono pluralizzati con l’aggiunta del segno “molti”.

Esistono forme di natura verbale e/o nominale il cui significato non può essere determinato dai tratti morfologici, ma si evince dalla loro posizione sintattica e dal contesto (ad esempio il segno “incontrare”/ “incontro”: la natura verbale si evince dal movimento lento e ripetuto che indica l’azione ripetuta).

La dislocazione nello spazio gioca un ruolo centrale dal punto di vista delle distinzioni grammaticali e morfologiche. Possiamo raggruppare i verbi della Lis in almeno tre classi:

  • Articolati sul corpo
  • Articolati nello spazio neutro sulla base di due punti di articolazione
  • Articolati nello spazio neutro con un punto di articolazione.

Nelle lingue dei segni non si usano proposizioni né desinenze e l’accordo viene sempre stabilito attraverso l’articolazione del segno in luoghi posti nello spazio di fronte al segnante.

L’ordine dei costituenti in generale è Soggetto- Oggetto- Verbo. Nella Lis è comune anche l’ordine Soggetto- Verbo- Oggetto.

L’ordine sintattico preferenziale è legato:

  • Al tipo di verbo e alla sua semantica
  • Al contesto discorsivo più ampio inclusi gli indicatori non manuali che sottolineano la rilevanza di uno o più costituenti
  • Alla maggiore o minore presenza dell’uso dello spazio per stabilire l’accordo.

La possibilità di sconvolgere l’ordine preferenziale rende molto frequenti costruzioni in cui è il topic della frase, cioè l’elemento più importante e focalizzato, che viene anticipato rispetto al resto.

Molti segni sono articolati con entrambe le mani. Gli articolatori manuali possono essere sfruttati in contemporaneità in modo che si articolino due segni diversi ma legati da una relazione immediata, spesso iconica.

Le unità segnate non sono mai sequenziali, ma sempre pluriarticolate. L’asse sintagmatico ci appare come un centro di aggregazione dei componenti linguistici che si arricchisce di determinazioni sul piano sequenziale, ma spesso si espande in simultaneità. Spesso, infatti, l’unità segnata sembra corrispondere ad una frase più che ad una parola.

Ci sono una serie di articolatori non manuali che entrano in gioco nel discorso segnato: la posizione del busto e delle spalle, l’spressione facciale, l’articolazione con la bocca di componenti non manuali e lo sguardo dei segnanti. Essi contribuiscono all’articolazione di coordinate e subordinate.

La simultaneità degli articolatori segnati trova, infine, applicazioni nell’uso dei classificatori (segni che veicolano distinzioni legate alla forma e alla disposizione dei referenti a cui sono applicati) e della modalità chiamata impersonamento (modalità di segnato narrativo in cui i movimenti del corpo e gli spostamenti del busto nello spazio servono ad indicare che l’azione viene compiuta da uno o dall’altro dei personaggi della narrazione). Entrambi sfruttano i livelli di iconicità, spazialità e possibilità di composizione simultanea.

Il sistema linguistico segnato si fonda su regole e processi autonomi. L’iconicità emerge nei casi in cui la possibilità di infittire le relazioni tra espressione e contenuto risultano economiche nell’organizzazione dei rapporti tra i due piani e nell’aumento della creatività. L’iconicità emerge, ancora in forme produttive, legate a processi di comprensione del segato e svolge il ruolo di rendere visibile la connessione tra due diversi campi semantici, evidenziando l’esistenza di un rapporto tra di essi nella struttura stessa del significante.

Sono state presentate tre ipotesi diverse per spiegare i rapporti tra iconicità e arbitrarietà nelle lingue dei segni:

  • Il nostro mondo percettivo è ricco di elementi ed oggetti visivi e attraverso la modalità visivo-gestuale possiamo parlare di cose visive con segni visivi, così da veicolare l’informazione in modo più compatto e istantaneo di quanto avvenga nelle lingue verbali.
  • La variabilità intrinseca delle lingue dei segni è dovuta alla frammentarietà della comunità sorda e lascia spazio alla possibilità di enfatizzare o sminuire i tratti iconici dei segni a seconda delle situazioni comunicative.
  • La base neuropsicologica delle attività linguistiche in segni coinvolge l’attività di aree cerebrali di un tipo di neuroni che facilitano la presenza di tratti iconici nel sistema linguistico.

Gli studi sull’ontogenesi del linguaggio sembrano confermare che le lingue dei segni sarebbero un sistema comunicativo inscritto nel nostro codice genetico che si realizza come prima lingua oggi solo nelle persone sorde.

0 commenti:

Posta un commento